my tescoma 1 / 2020
al fianco di maratonete abituate a macinare chilometri, ma di donne comu - ni - o almeno così credevo: il tempo trascorso insieme, raccontando ognuna la propria storia, mi avrebbe fatto ricredere e capire che di “comune”, in ognuna di loro, in ognuna di noi, c’è davvero poco. Ottobre arriva in fretta ed eccoci in aeroporto, spavalde, divertite, impazienti e cariche di bagagli (perché dopo la traversata del deserto ci attendevano alcuni giorni da turiste
COSA MI PORTO A CASA Souvenir
Dal mio social - diario di viaggio...
a Marrakech, con tanto di cena di gala: la pri - ma sfida è stata proprio di riuscire a preparare un borsone che rispettasse la franchigia e che contenesse outfit che spaziavano dalla tenuta da touareg all’abito da sera anti-stropiccio!).
Casa. Un tasto per non avere più freddo, o cal- do. Poter scegliere cosa mangiare. La pizza. I cu- betti di ghiaccio. L’acqua corrente, tanta, calda. Il profumo di bucato. E sì, anche lo sciacquone. Un letto comodo, le lenzuola
Uno scalo a Casablanca, tre ore interminabili in una sala d’aspetto affollatissima, un volo interno e poi l’arrivo a Ouarzazate, nella notte, per poi dirigersi l’indomani ver- so M’Hamid, alle porte del deserto: è da lì che sarebbe iniziata l’avventura vera e propria (anche se, diciamo-
Ed eccoci qui, al- meno un centinaio di chili di bagaglio in quattro, avremo preso troppo avre- mo preso troppo poco, stiamo per
imbarcarci per un viaggio fuori - e probabilmente an- che dentro di noi. Senza sapere bene cosa aspettarci da questa avventura, ma con la sensazione che sarà molto più di “una passeggiata in mezzo al deserto”.
pulite. Solo pochi giorni nel deserto, lontano da tutte le comodità che ho sempre dato per scontate, ma alle quali torno con un senso di gratitu- dine e di stupore. Un’esperienza che, come ho detto più volte, prometteva di essere più di un semplice viaggio in un paese straniero. Oggi torno alla normalità con un paio di occhi nuovi.
celo, tutte quelle ore di trasferimento in autobus, lungo strade che ad un cer- to punto diventavano sentieri, era già di per sé un’esperienza avventurosa, almeno per lo stomaco). Ma noi non vedevamo l’ora di trovarci sotto il sole,
tra le dune, e di passare la notte sotto quei cieli che ave- vamo sempre sentito descri- vere come uno spettacolo u- nico. Dopo una notte pas- sata in un bell’hotel, con una meravigliosa piscina che ci fa vacillare all’idea di tutta la strada che dovremo per- correre a piedi, ci alziamo al-
l’alba e con le jeep ci addentriamo nel Sahara: ci siamo! Per il primo gior- no sono previsti quasi 13 km, il sole è alto, la sabbia riempie le scarpe qua - si subito, rendendole scomodissime, le riserve d’acqua vanno dosate - ma che consolazione rovesciarsene un po’ in testa ogni tanto, quando il caldo diventa insopportabile! A metà strada ci attende un punto di ristoro con frutta secca, banane e acqua: incredibile come apprezzi le cose più semplici
Anche se non ho avuto modo di cam- minare da sola, costringendomi ad un viaggio introspettivo e a tante rifles - sioni che camminando in compagnia difficilmente arrivano, una cosa l’ho capita: dentro a quella immensità ti rendi conto di essere piccolissima, ma attraversandola, ad ogni passo ti senti sempre più grande. Ti stupi- sci di una capacità di adattamento che non sapevi di avere e ti senti forte, eroica. Mentre tutto ciò che ti circonda - pensieri, preoccupazioni, delusioni - diventa sempre più picco- lo fino a ritornare alla giusta prospet - tiva, tutto diventa come un oggetto che proiettava un’ombra lunghissima e che invece, ora che il sole è alto, non è che un puntino su quella distesa di sabbia. Di questo devo ringraziare il deserto, di questo e di tutte quelle immagini belle da far male agli occhi.
quando ti trovi lontano da casa e da tutte le comodità a cui sei abituata. Altri chilometri, e le bandiere che indicano l’arrivo finalmente appaiono all’orizzon - te, non sono più un miraggio: la prima tappa è an - data, ce l’abbiamo fatta! Un po’di relax, una doccia (che il primo giorno fortunatamente riusciamo a fa-
re senza problemi) e poi yoga al tramonto con vista sulle dune e magari un paio d’ore da dedica- re all’abbronzatura... o almeno
Noi quattro, accaldate, al- l’arrivo della prima tappa
così pensavamo. In realtà ad attenderci, nel pomeriggio, c’è solo una tempesta di sabbia che ci costringe a rima- nere chiuse in tenda fino a tarda sera, o a girare con la maschera da sci e con la bocca chiusa per non trovarsi troppi granelli tra i denti: talmente tanti che ad un cer- to punto mi metto a fantasticare di aver mangiato un piatto di vongole (buoni couscous e tajine di verdure, ma alla lunga vengono a noia). Andrà meglio doma- ni... e invece no, perché la tempesta di sabbia sembra essere un appuntamento fisso di ogni nostro pome-
Tempesta di sabbia non ti temo!
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