my tescoma 1/2023
con chi vuoi
FIN DA PICCOLA, QUANDO CHIEDEVO CON IMPAZIENZA QUANDO SI SAREB BERO ALLUNGATE LE GIORNATE, MI VE NIVA RIPETUTO UN DETTO POPOLARE CHE DICEVA “NEDÀL, EN PAS DE ‘N GAL, PASQUÈTÅ, N’URÈTÅ”, A RICORDARE CHE A NATALE LA GIORNATA SI ALLUNGA DI QUALCHE MINUTO, MENTRE INTORNO A PASQUETTA, SI GUADAGNA UN’ORET TA. E OGNI ANNO ARRIVAVA: ERA BELLO GODERE FINALMENTE DI UN PO’ DI LUCE IN PIÙ, FRA LE TRADIZIONI PRESERVATE E QUELLE CHE CONOSCO SOLO GRAZIE AI RACCONTI DI CHI LE HA VISSUTE. a pasquètå el dé el sa slóngå n’urètå. (A Pasquetta il giorno si allunga di un’oretta.)
CHIARA Mi trovo più a mio agio in scuderia che in qualunque altro posto, ma il poco tempo che passo a casa, spesso lo trascorro ai fornelli o a rubare qualcosa dal frigorifero o dalla dispensa, da sola o in compagnia, da sempre. E quanta vita va in scena in una cucina? Quelle quattro pareti fra le quali passiamo tanto tempo – a cucinare per chi amiamo, a chiacchierare fra un impasto che lievita e un soffritto che sfrigola – ascoltano tanti discorsi, vedono tanti sorrisi di generazioni che si incontrano… e a volte si scontrano, ma alla fine si riuniscono sempre intorno a un tavolo. Fra il nostalgico e lo spensierato, ecco i miei rac
conti dalla cucina: dalla mia, da quelle di amici o ripescate dai ricordi d’infanzia. In ognuna hanno preso vita tanti piatti in un intreccio di ricordi ed emozioni: gli ingre
dienti essenziali per quella che è la mia
idea di “ricetta della felicità”.
ricettario di famiglia con 50 fogli linea Delícia - art. 631690 Prezzo consigliato: € 21,90
I miei posti del cuore e i loro colori che cambiano di stagione in stagione
Pasqua era colorata: per me ha sempre avuto gli stessi co lori, il verde dei germogli e dei prati, il rosa dei fiori di ciliegio e l’azzurro-grigio del cielo che se era bello la do menica, era brutto il lunedì, o viceversa. Pasqua pizzicava: per il pranzo della festa era stabilito che indossassi, sempre, qualche abito (anzi, “vestina”) tutto tulle e organza, con una calzamaglia di lana chiara e i san dali con gli occhi... mi viene addosso un nostalgico prurito solo a ripensarci. Pasqua era rumorosa: era tradizione “legare le campane” fin dal pomeriggio del Venerdì Santo, ma la domenica mattina, quando riprendevano a suonare, lo scampanìo era festoso e quasi assordante. Pasqua era anche dolce, perché segnava la fine della Qua resima e dell’immancabile fioretto che veniva scritto su un cartoncino colorato a forma di fiore e appeso, insieme a quelli di tutti gli altri bambini, ai rami di un alberello si stemato in chiesa. E che sacrificio si poteva mai chiedere a una bambina? Di solito, fare a meno dei dolci: per questo non vedevo l’ora che finisse. Prima ancora del primo dolce però, la mattina della domenica di Pasqua era tradizione
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