my tescoma 3/2021

DI ANNOIARSI l’importanza

DIGITAL DETOX: CHE COS’È E QUANDO È NECESSARIO Partiamo dalla definizione: per digital detox si intende un periodo di tempo che può variare da alcune ore fino ad un paio di settimane, du - rante le quali si decide di rinunciare volontariamente ad utilizzare di- spositivi digitali come smartphone e computer, allo scopo di ridurre lo stress e concentrarsi sulle relazioni “vere”, sulle interazioni sociali nel mondo reale anziché su quelle virtuali. Negli ultimi anni siamo stati sempre più connessi, i nostri smartpho- ne sono diventati, sempre di più, un prolungamento della nostra mano. La tecnologia ci è amica, certo, e ne abbiamo apprezzato l’importanza durante i recenti lockdown, quando la possibilità di collegarci ci ha per- messo non solo di continuare a lavorare, ma anche di sentirci meno soli. Una benedizione insomma, senza la quale ci saremmo sentiti persi. Allo stesso tempo però, tutta questa connettività ha preso la mano a molti e il bisogno di rimanere connessi, di condividere compulsivamente tutto quel che si fa, di “scrollare” le notizie - che siano informazioni o post sui social - è diventato incontrollabile, con tanto di conseguenze fisi - che e psicologiche: banalmente, quante volte è capitato di mangiare una pietanza raffreddata dopo avere scattato decine di fotografie al piatto? Quante volte si è perso qualche stralcio di conversazione, o un momento cruciale di un film, perché si era intenti a guardare il telefono? Quante volte ci si sveglia con la sensazione di avere dormito male, e guarda caso l’ultima attività prima di addormentarsi era stata quella di dare un’ultima scorsa ai social... e quante volte al suono della sveglia al mattino - natu- ralmente impostata sul telefono - come prima cosa si controllano le noti- fiche? Problemi alla vista, stress, stati d’ansia e accumulo di cortisolo (sì proprio lui, quello che fa ingrassare) sono solo alcuni dei problemi che non è infrequente riscontrare a seguito di un uso eccessivo - ma che ci sembra assolutamente normale - di smartphone e dispositivi elettronici. Per chi si rispecchia in queste abitudini e in questi inconvenienti, è ar- rivato il momento di un social - o digital - detox. In molti ricorderan - no la mezza giornata di “down” di Instagram, Facebook e Whatsapp che di recente ha mandato in subbuglio milioni di utenti. Quel senso di smarrimento ha pervaso anche me, per tutte quelle ore ho continuato a controllare ossessivamente se i messaggi che avevo inviato fossero stati finalmente recapitati o se fossero ancora in sospeso, fino a quando è arrivato il momento di darsi finalmente pace e di andare a dormire, con la certezza, o almeno con la speranza, che il giorno dopo tutto sarebbe tornato “normale”. Di normale in tutto questo c’era ben poco: è arrivata bella nitida la consapevolezza di quanto fosse necessario un periodo di disintossicazione da tanta di quella tecnologia e di quella “socialità” che di sociale ha davvero poco. Ed ecco che ho deciso di sperimentare dapprima 24 ore che poi, coraggiosamente, sono diventate una settima- na senza postare, senza condividere, senza guardare i feed degli altri, usando il telefono soltanto per la funzione per cui è nato: telefonare! Dato che questo distacco inizialmente mi procurava ansia - è un distur- bo che esiste veramente e si chiama nomophobia , ovvero no-mobile- phone-phobia o FOMO, acronimo di fear of missing out , cioè la paura di perdersi qualcosa - ho ritenuto opportuno avvisare i miei contatti più frequenti che sarei stata latitante per qualche tempo, e quelli più cari, che avrebbero potuto contattarmi solo telefonandomi. Da lì in poi ho sperimentato prima un grande senso di vuoto, di smar- rimento e di mancanza che poi ha lentamente ceduto il posto ad una sensazione di leggerezza e di rilassatezza. Avevo letto che sarebbe

Il filosofo Bertrand Russel negli anni ‘30 sosteneva che “Una genera - zione che non riesce a tollerare la noia è una generazione di uomini piccoli, nei quali ogni impulso vitale appassisce”, e ancora: “La consi - dero un indice di intelligenza su - periore e credo che la sua importanza sia davvero enorme”. Più facile a dirsi che a farsi, soprattutto al giorno d’oggi, con tutti i dispositivi tecnologici che monopolizzano ogni secondo del nostro tempo libero. Ver - rebbe da pensare che la sovraesposizione agli stimoli renda il cervello più attivo, ma è l’esatto contrario. Alcuni studi confermano che i momenti di noia sono una specie di “pit stop” in cui il cervello si rigenera e in cui la creatività ritrova un nuovo slancio. Abituati come siamo a rifuggire la noia, a non restare con le mani in mano, a lavo - rare e a coltivare qualche hobby, sembra un’eresia pensare di volersi annoiare. E poi, come si fa ad annoiarsi di proposito? Sem - plice, non si può. Quello che si può fare, invece, è mettersi nella condizione di po - tersi annoiare. Un primo passo è sicuramen - te quello di tenere lontano lo smartphone, il tablet, il computer, qualunque accesso ai social network. Ascoltare musica a letto, guardare fuori dalla finestra, provare a ri - lassarsi e lasciare che la mente vaghi per un po’... oziare è un’arte e bisogna imparare a coltivarla! Con il tempo, questo esercizio porterà ad un “risveglio” della mente, ad un miglioramento della qualità della vita e ad un nuovo slancio dei processi creativi. Proprio come succede ad un bimbo an - noiato che, ad un certo punto, vorrà fare qualcosa: colorare, distruggere, costruire... tutte attività che hanno uno stretto legame con la creatività.

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successo, così come sa - pevo che avrei dormito meglio, sia per il fatto di avere rimosso una cau- sa di stress e ansia come quella che si genera scor-

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