my tescoma 3 / 2012

protagonista

Antonio Rossi: sei nato in una città lacustre, tuo fratello pri- ma di te era appassionato di canoa e praticava già questo sport, hai sicuramente avuto da sempre un rapporto spe- ciale con l’acqua. Insomma eri un po’ un predestinato? Forse. Quando avevo 10 anni ero molto gracile. I miei genitori de- cisero che era arrivato il momento di farmi fare dello sport (sono l’ultimo di 5 figli di cui 3 maschi) e quindi mi iscrissero al corso di nuoto presso la canottieri di Lecco. I miei fratelli più grandi già fre- quentavano i corsi da qualche anno e si dilettavano anche nella pratica della canoa. Io vedevo che loro si divertivano, che grazie alla frequentazione dei corsi si erano creati molti amici e quindi cominciai ad appassionarmi al mondo dello sport. A poco a poco mi feci affascinare dalla canoa e cominciai a praticarla. I primi anni furono disastrosi. Arrivavo sempre ultimo a tutte le gare alle quali partecipavo ma questo non mi ha mai abbattuto, anzi! Il mio fisico, grazie allo sport, aveva cominciato a svilupparsi in modo armo- nioso, mi ero creato parecchi amici e perciò ero molto soddisfatto anche se ambivo ad ottenere anche qualche risultato. Risultati che poi sono arrivati. Nel corso della tua carriera sportiva hai partecipato a 5 Olimpiadi che ti hanno regalato 3 ori, 1 argento e 1 bronzo: dopo aver conseguito il massimo dei traguardi per un atle- ta, quali sono le tue ambizioni? Per usare una metafora che ti si addice, è il momento di “tirare i remi in barca”? In canoa si usa la pagaia e quindi non riesco a tirare i remi in barca. A parte la battuta mi pare inevitabile che quando si raggiunge una certa età anagrafica non si possa più essere in grado di competere con chi ha vent’anni meno di te. Ora cerco di mettere la mia espe- rienza al servizio degli atleti più giovani grazie al mio impegno all’in- terno del CONI e del COE, il Comitato Olimpico Europeo, all’interno del quale ricopro la carica di presidente della commissione atleti. La mia ambizione attuale è quella di riuscire a trasmettere ai giovani ed ai giovanissimi i veri valori dello sport che sono la lealtà, l’amicizia e soprattutto il rispetto per sé e per gli altri. Hai sposato una tua “collega”, Lucia Micheli, anche lei olim- pionica di kayak. Come vivono i vostri due ragazzi il fatto di essere figli d’arte? Molto bene direi. Sia io che mia moglie riteniamo che lo sport sia innanzitutto divertimento e quindi non deve essere vissuto come un obbligo. L’attività sportiva è importante perché insegna a sta- re bene con gli altri, insegna l’impegno, il sacrificio, la costanza, il rispetto per gli altri e per il nostro corpo. Per questo i nostri figli pra- ticano diverse attività sportive, senza però alcun obbligo o costri- zione, ma solo perché si divertono. Non ci interessa che possano diventare dei campioni. Ci interessa che attraverso la pratica spor- tiva imparino che per raggiungere gli obiettivi che ognuno si prefis- sa occorre molto impegno, dedizione, volontà ed onestà, sia nello sport sia nella vita!! Alle imminenti Olimpiadi di Londra 2012 ti presenterai, per la prima volta, in una nuova veste, quella di commentatore. Un po’ di nostalgia? Beh se dicessi di no sarei un bugiardo. Comunque sono molto feli- ce di far parte del team Sky come commentatore anche se non è la prima volta che ricopro questo ruolo. Da quasi un anno collabo- ro con Sky ed ho commentato gli incontri delle nazionali Italiane di rugby e di volley; inoltre commento il campionato di calcio di serie A su Radio 105 da due stagioni. Come hai vissuto il ritiro dall’attività agonistica? Bene. Ho chiuso la mia carriera senza alcun rimpianto e vado or- goglioso di quello che sono riuscito a fare per me, per la mia nazio- nale e per la squadra delle Fiamme Gialle che mi ha dato i mezzi e la possibilità di poter raggiungere traguardi che sognavo fin da quando ero bambino. I tuoi successi sportivi ti hanno dato grande visibilità e la tua immagine pulita ti ha fatto amare dal grande pubblico: sicuramente un grande vantaggio per uno che, come te,

Antonio Rossi in diversi momenti della sua vita sportiva e con l’uniforme della Guardia di Finanza, di cui fa parte dal 1988. Sullo sfondo della stessa foto, in veste di portabandiera italiana alle Olimpiadi di Pechino nel 2008

è molto impegnato nel sociale, fra iniziative benefiche ed impegno anche politico. Quali sono i tuoi progetti in questo senso? Non mi piace parlare del mio impegno sociale. Sono convinto che chi, come me, ha ricevuto molto dalla vita abbia il dovere di dare una mano a chi è stato meno fortunato di lui. Alla base del mio im- pegno politico c’è la consapevolezza che il nostro Paese abbia bi- sogno di un po’ di freschezza che non può che essere portata da persone giovani che sappiano ed abbiano la voglia di mettere le loro competenze al servizio della comunità. Da quando hai lasciato l’attività agonistica ti concederai qualche peccato di gola in più: qual è il tuo piatto preferito? Mi piacerebbe dato che sono molto goloso, soprattutto di dolci, ma faccio molta attenzione a mantenermi in forma. Quando faccio qualche peccatuccio mi rifaccio poi con un allenamento più inten- so che bruci le calorie ingerite in eccesso. E per finire: hai un piatto portafortuna? Quello che mangiavi per scaramanzia o che ti dava una carica speciale prima di una gara? Dunque, considerato che nelle giornate immediatamente a ridos- so delle gare, per ottenere la miglior forma fisica, mangiavo pasta condita con solo qualche “briciola” di Parmigiano, ho eletto questo piatto a mio portafortuna. Del resto gli ingredienti sono il meglio del- la nostra tradizione culinaria.

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