my tescoma 2/2022
sugli alberi, fra gli alberi, sotto gli alberi RICORDI DI UN’INFANZIA VISSUTA IN UNA CASA DI CAMPAGNA, FRA LE RICETTE DI UNA VOLTA E QUEI GIOCHI CHE NON SI USANO PIÙ MA CHE, COME DICE QUEL LA CANZONE, “SE SI VOLTANO UN MO MENTO IO CI RIGIOCO PERCHÉ A ME VA”. MA ANCHE SE NON SI VOLTANO EH? Se cresci in campagna, ogni stagione ha qualcosa di speciale, porta con sé i propri colori caratteristici, i suoni della vita dei campi, i cinguettii di uccelli di versi che identificano l’arrivo della neve o quello della primavera, le prime migrazioni autunnali o la stagione dell’aratura che smuove la terra regalando vermi suc culenti ai gabbiani. Le stagioni si avvicendano e sono sempre uguali, e invece sono sempre diverse: in mez zo al cortile di casa, per esempio, quando ero piccina non c’era nulla, solo ghiaia, ma poi un giorno, avrò avuto 4 anni, fu piantato un cedro del Libano – che però noi abbiamo sempre chiamato Il Pino (e ora mi piace così, perché anche mio padre si chiamava Pino) – un alberello smilzo che è il mio primo ricordo d’in fanzia, trasportato da un furgone con la sua zolla di terra che la mia memoria ha sempre ricostruito come un grande cerchio marrone già circondato da tutte le pietre di tufo che, da lì in avanti, ne avrebbero deli mitato la superficie. Sono passati 40 anni e Il Pino è ancora lì, ha cambiato forma, ha decisamente cam biato dimensioni, quasi sovrasta la casa e ha dovuto
CHIARA Mi trovo più a mio agio in scuderia che in qualunque altro posto, ma il poco tempo che passo a casa, spesso lo trascorro ai fornelli o a rubare qualcosa dal frigorifero o dalla dispensa, da sola o in compagnia, da sempre. E quanta vita va in scena in una cucina? Quelle quattro pareti fra le quali passiamo tanto tempo – a cucinare per chi amiamo, a chiacchierare fra un impasto che lievita e un soffritto che sfrigola – ascoltano tanti discorsi, vedono tanti sorrisi di generazioni che si incontrano… e a volte si scontrano, ma alla fine si riuniscono sempre intorno a un tavolo. Fra il nostalgico e lo spensierato, ecco i miei rac
conti dalla cucina: dalla mia, da quelle di amici o ripescate dai ricordi d’infanzia. In ognuna hanno preso vita tanti piatti in un intreccio di ricordi ed emozioni: gli ingre
dienti essenziali per quella che è la mia
idea di “ricetta della felicità”.
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subire qualche ridimensionamento per non essere pericoloso. È maestoso, i suoi rami più bassi ora si trovano a 5 o 6 metri di altezza, ma è il periodo della mia infanzia quello a cui è legato il suo ricordo migliore. Tanti bambini hanno
la fortuna di avere una casa sull’albero. La mia casa invece era sotto l’albero. Sì perché quando Il Pino mise radici e iniziò a crescere, i suoi rami, che toccavano terra, formarono una specie di capanna: non una capanna piccolina, proprio un ambiente di qualche metro di diametro, con un “soffitto” alto che permetteva di starci in piedi, e una deliziosa ombra che durante i pomeriggi d’estate era un rifugio freschissimo da condividere con pochi. Nella mia casa sotto l’albero ave vo sistemato una stuoia, un tavolino, una piccola sedia a don dolo: tanto bastava per sentirmi una regina. Spesso mi rifu giavo lì per leggere, o per fare un pisolino dopo pranzo, ma a volte invitavo anche ospiti, mi piaceva che i grandi dovesse ro chinarsi per entrare, perché una volta oltrepassati quei due rami che facevano da sipario, anche loro potevano tornare in posizione eretta e godere di quella meraviglia verde scuro, frusciante e cinguettante e luccicante del sole che filtrava at traverso gli aghi. Quando non ero sotto Il Pino, ero nell’orto, che poi è un grande prato, o frutteto, ma insomma ogni fami glia ha il proprio lessico e quello lì è sempre stato l’orto per noi. C’erano diversi alberi di noce, facevano tanta ombra,
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